“Petali di vita”. Raffaele Cantone ricorda Don Peppino Diana. Portici, lunedì 13 dicembre 2010.

L’occasione è offerta dalla presentazione di un libro: “Petali di vita: Don Peppe Diana, un cammino per la giustizia”, di Leandro Limoccia e Marisa Diana.
La cornice: una Chiesa (quella delle carmelitane), a Portici, grosso paese alle pendici del vesuvio.
Raffaele Cantone interviene per parlare di questo scritto e ricordare insieme agli altri intervenuti, la figura di Don Peppino Diana, sacerdote assassinato dai killer della camorra, il giorno del suo onomastico, nella sua parrocchia, a Casal di Principe, mentre si accingeva a dir Messa. Correva l’anno 1994.
L’impegno anticamorra di questo prete, lo ha condotto nel mirino della camorra casalese.
Ucciso due volte: dai proiettili prima, sparati a raffica senza lasciar scampo; e dalla calunnia, poi.
Come spesso capita a chi è impegnato in I linea contro le mafie, a chi si oppone ad un sistema di violenza e malaffare, a chi contrasta con la parola l’opera vigliacca e feroce di criminali senza alcuna coscienza.
Far perdere di credibilità, distruggere la figura di una persona che lotta o che ha fatto dell’impegno antimafia la sua vita; delegittimare persone ed opere, è uno dei modi più subdoli attraverso il quale la camorra e le mafie si muovono e lavorano.
Insinuare nella collettività il dubbio.
Che non si operi “solo per giustizia”, che un sacerdote come Peppe Diana fosse egli stesso un camorrista.


E’ un meccanismo perverso che affonda le sue radici nella diffidenza umana, quella che sa generare figlie come omertà e paura. 
Quella sfiducia sorella della disillusione. Perchè tutto sembra troppo buio, per accogliere luci così abbaglianti come quelle che sprigiona Chi fa della legalità un caposaldo della sua vita; Chi lotta; Chi parla e non sta zitto come tanti vorrebbero; Chi si apre agli altri, diffondendo le proprie conoscenze; Chi non ci sta a girarsi dall’altra parte per lasciare che “tutto scorra”; Chi si schiera apertamente contro le mafie.

Raffaele Cantone ieri sera ha incontrato Peppe Diana.  E non è la prima volta.
Davanti ai tantissimi presenti in Chiesa ha portato un ricordo ed una riflessione, anche nel leggere passi dal libro che si presentava, rammentando quel meraviglioso testo, dalla grande forza, scritto da Don Peppe, poco prima di essere ucciso: “Per amore del mio popolo non tacerò”. Il suo impegno, la sua volontà, in un vero e proprio “manifesto” diretto ai suoi concittadini ed un duro appello, rivolto alla comunità ecclesiale. Un’esortazione verso un impegno concreto, serio, seguendo il dettato di Cristo.
E poi, la descrizione di quanto la camorra fosse diventata ancora più terribile e pericolosa del passato: 
Precise responsabilità politiche
“(…) E’ oramai chiaro che il disfacimento delle istituzioni civili ha consentito l’infiltrazione del potere camorristico a tutti i livelli. La Camorra riempie un vuoto di potere dello Stato che nelle amministrazioni periferiche è caratterizzato da corruzione, lungaggini e favoritismi” (…)
(Peppino Diana: “Per Amore del mio popolo non tacerò”, Natale 1991)

Raffaele Cantone, ha sempre ribadito, in ogni occasione, quanto fosse differente l’immagine di Papa Giovanni Paolo II, che nella valle dei templi di Agrigento, nel maggio 1993, si rivolse direttamente ai mafiosi, chiedendone con forza la conversione; da una Chiesa a volte insonnolita, refrattaria, lontana da questi temi:
“Che sia concordia in questa vostra terra. Concordia: senza morti, senza assassinati, senza paure senza minacce, senza vittime. Che sia concordia! Questa concordia, questa pace a cui aspira ogni popolo ed ogni persona umana, ed ogni famiglia, dopo tanti tempi di sofferenze. Avete finalmente un diritto a vivere nella pace. I colpevoli che portano sulle loro coscienze tante vittime umane debbono capire che non si permette di uccidere degli innocenti. Dio ha detto una volta: Non uccidere. Non può l’uomo, qualsiasi uomo, qualsiasi umana agglomerazione, qualsiasi mafia, non può cambiare e calpestare questo diritto santissimo di Dio. Questo popolo siciliano è un popolo talmente attaccato alla vita, che dà la vita. Non può sempre vivere sotto la pressione di una civiltà contraria, di una civiltà della morte. Qui ci vuole una civiltà della vita. Nel nome di Cristo crocifisso e risorto, di questo Cristo che è Via, Verità e Vita, mi rivolgo ai responsabili: convertitevi! Un giorno verrà il giudizio di Dio!”


Da cattolico cristiano praticante, Raffaele Cantone vede chiara la differenza che passa tra quei preti di frontiera intenti a trasmettere i valori della legalità, della onestà, dell’antimafia,  nelle loro comunità (e sono tantissimi, ci ricorda sempre) e coloro che invece hanno un atteggiamento di distanza, verso questi fenomeni. Come se fossero “cosa altra”.
Anche ieri sera, ha ricordato che: “Non c’è assolutamente possibilità di confondere il Cristianesimo con i valori della camorra – sappiamo che purtroppo non sempre è così – ma la Parola di Cristo è per sua natura assolutamente tempio dell’antimafia. Perchè non c’è Parola del Vangelo nella quale non c’è contrapposizione ad uno dei caratteri tipici delle mafie: la sopraffazione dell’altro e Don Peppino Diana ha dimostrato di credere ogni giorno quella Parola del Vangelo, più che gli insegnamenti ufficiali di una Chiesa che per lungo tempo è stata – mi spiace doverlo dire, da cattolico – molto tiepida rispetto a questi fenomeni. Quindi grazie a Leandro (Limoccia, autore del libro che si presentava insieme a Marisa Diana, ndr), di avercelo ricordato in modo umano, senza eccessi in celebrazioni. Io sono sicuro che Don Peppino ne sarebbe felice. Ricordando anche la sua quotidianità e ricordando delle cose che daranno un lascito definitivo per tutti coloro che credono che in quella terra non ci sono solo Schiavone e Bidognetti, ma anche DON PEPPINO DIANA” (Raffaele Cantone, Portici, Chiesa delle Carmelitane, 13.12.10).

Riflessioni ed osservazioni che condividiamo in pieno. Non può esistere una Chiesa che si impegna ed un’altra che si chiude nel silenzio. E’ nel messaggio cristiano, come dice Cantone, l’essenza vera dell’antimafia. Comportarsi da struzzi, significa assumersi la responsabilità di un comportamento incoerente e dannoso.

Pubblichiamo, con grande piacere, due video relativi al convegno che vide la partecipazione di Raffaele Cantone e Don Tonino Palmese, moderatore il giornalista Ansa Alfonso Pirozzi, nella sala dell’Istituto Fratelli Maristi,  il 17 marzo 2010. Si discuteva ed analizzava il documento dei vescovi italiani, pubblicato a vent’anni di distanza dal precedente (“Sviluppo nella solidarietà. Chiesa italiana e Mezzogiorno”), nel febbraio di quest’anno: “Per un Paese solidale. Chiesa italiana e Mezzogiorno”.
Da ascoltare con grande attenzione, l’intervento del Dott. Cantone:

http://www.youtube.com/watch?v=OyqvCcfES-o

http://www.youtube.com/watch?v=0ZZTVOSPgQk

(Le “riprese” inserite, sono a cura di Rossella Camerlingo e la foto del Dott. Cantone è di Angelo DeChina).

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