“E la camorra, spavalda, torna sul palcoscenico” – Raffaele Cantone, da “Il Mattino” di Napoli, ed. nazionale di venerdì 1 aprile 2011.

Due episodi degli ultimi giorni, a cui il Mattino ha dato ampio risalto, mi hanno molto colpito.
Il primo è l’assoluzione in appello di alcuni presunti esponenti dei clan di Secondigliano, accusati di un feroce omicidio, condannati in primo grado all’ergastolo; non è, però, questa la circostanza che mi ha fatto preoccupare; siamo in presenza di una fisiologica dialettica processuale che non deve scandalizzare: le impugnazioni svolgono proprio la funzione di consentire un riesame delle decisioni di primo grado.
Anche presunti boss del resto, in una democrazia vera, hanno (e ed aggiungo con convinzione, giustamente) gli stessi diritti e garanzie di ogni cittadino; del resto la vicenda non è processualmente ancora conclusa.
Ci sarà molto probabilmente il ricorso in Cassazione della procura generale e, come generalmente si dice in questi casi, la giustizia farà il suo corso.

È quello che è avvenuto dopo che inquieta; gli assolti sono stati festeggiati non solo dai loro familiari (come era tutto sommato fisiologico) ma con una lunga sequenza di fuochi d’artificio che hanno fatto apparire l’intero quartiere di loro provenienza in festa. L’altro ieri poi l’altro episodio; il funerale della signora Stolder, già coniugata con Carmine Giuliano, con carro trainato da sei cavalli neri che è sfilato anche passando nel quartiere di Forcella nel quale la famiglia Giuliano, prima delle collaborazioni di vari suoi componenti, aveva il dominio criminale incontrastato.
Si potrebbe liquidare i due fatti brevemente ricordati come espressione di folclore ed ascriverli alle categorie delle vicende oleografiche tipiche della nostra città. In realtà, ritengo che entrambi possano essere letti in una prospettiva molto meno rassicurante. In primo luogo essi paiono espressione e manifestazione del permanere di una cultura tipicamente camorristica che resta forte in città e nella sua provincia e che vede partecipi non solo gli stretti familiari delle persone interessate agli eventi descritti ma, più o meno consapevolmente (e forse volontariamente), consistenti strati sociali di alcuni quartieri molto popolari.
In secondo luogo essi intendono, con la loro forza evocativa, rendere evidenti che malgrado i durissimi colpi inferti, i clan restano forti nei territori, godono di un loro consenso diffuso e non hanno alcuna intenzione di arrendersi allo Stato ed anzi vogliono mantenere il controllo dei «loro» quartieri.
Gli episodi, poi, assumono un significato oggettivamente ancora più inquietante se si pensa che essi avvengono a distanza di non molti giorni dalla celebrazione di vari eventi del mondo dell’antimafia, culminati nel ricordo, nel giorno dell’anniversario, della morte di Don Peppino Diana.
Quella giornata è stato riconosciuta dalla Regione Campania come festiva proprio per richiamare l’attenzione sulla pericolosità delle mafie rammentando, attraverso il martire che di quella lotta è divenuto il simbolo, quanto sangue è stato versato.
I due momenti diametralmente opposti mi sono sembrati leggibili in una chiave unitaria; è come se alle manifestazioni (anche popolari e molto vaste per fortuna) del mondo dell’antimafia, si fosse voluto contrapporre (non solo idealmente) la risposta di un altro ambiente che, invece, vuole ancora potersi affidare alla camorra e quindi ai suoi metodi di sopraffazione e di morte ma anche agli affari ed alla gestione di vasti settori dell’economia che ad essa fanno capo.
È giusto, forse, riconoscere a tutti gli eventi degli ultimi giorni la capacità quasi di fare da cartina di tornasole della nostra realtà sociale; c’è una nuova e significativa consapevolezza dell’importanza di lottare le mafie cui si accompagna, però, una forza, forse ridimensionata ma tutt’altro che sconfitta, dei clan camorristici.
E di questa forza della camorra si dovrà tenere in debito conto a maggior ragione in questo periodo; con l’approssimarsi delle elezioni in città ed in molti comuni della regione i clan cercheranno di evidenziare ulteriormente la loro capacità di controllo dei territori, mettendo a disposizioni di candidati, disponibili e spregiudicati, i loro pacchetti di voti, certo non in modo disinteressato ma in cambio di affari e prebende.
La politica ed i partiti, sempre prodighi di annunci sul loro impegno anticamorra, riusciranno ad evitare questi abbracci mortali?