di Danielle Sansone – Università del Salento
Quando sono venuta a conoscenza della vicenda giudiziaria legata al libro del “Casalese” ho sentito dentro di me un forte senso di nausea e di impotenza. Per questo, mi sento di dover ringraziare Eliana (Iuorio, responsabile del Movimento Contro le mafie, ndr), che mi ha permesso di conoscere questa storia assurda e al contempo reale. Lei come me e tanti altri ragazzi ha un fortissimo bisogno di denunciare e di indignarsi. Di occuparsi dei problemi della sua terra, di liberarla, almeno culturalmente, da un pesante giogo come quello della camorra. Oggi qui, in Italia, solo chi ha questi desideri può sentirsi realmente parte di una società che ha voglia di riscatto e di rinascita morale e culturale.
La vicenda che ruota attorno a questo libro è degna di essere descritta a grandi linee. Viene pubblicata un’opera collettanea dal titolo “Il Casalese – Ascesa e tramonto di un leader politico di Terra di Lavoro” scritta da un gruppo di coraggiosi giornalisti campani, che racconta l’ascesa di Nicola Cosentino politico campano presidente della regione in pectore. Il sogno politico di Cosentino, costruito su fiumi di denaro e di accordi a dir poco puliti, è stato stroncato sul nascere da un indagine che lo vede indagato per concorso esterno in associazione mafiosa. La sedia da presidente della regione Campania va a Stefano Caldoro.
Ciò che importa a noi non è raccontare la storia giudiziaria di Cosentino , di notevole impatto mediatico, ma far conoscere quella legata al libro su Cosentino. A seguito della pubblicazione del libro, ne viene domandato il ritiro, perché tale opera lederebbe l’immagine della famiglia del politico. Contestualmente alla richiesta di ritiro è stata avanzata una domanda di risarcimento del danno.
Questo episodio induce tutti noi a porci delle domande da ritenersi cruciali, soprattutto tenendo conto del momento storico che stiamo vivendo. È possibile in Italia esercitare il diritto di cronaca? È possibile fare luce su persone e vicende ad esse legate che altrimenti rimarrebbero ai più sconosciute?
Esercitare oggi il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero e quindi rendere attuale il principio contenuto nell’articolo 21 della Nostra Carta Fondamentale sta diventando difficile soprattutto se a farlo sono giornalisti che, oltre al loro mestiere,portano avanti un impegno civile, diretto a sensibilizzare le coscienze e a far apprendere notizie che diversamente rimarrebbero nei cassetti di quelle redazioni giornalistiche che hanno timore a renderle pubbliche.
L’articolo 21 ci regala un principio fondamentale: esercitare in assoluta libertà il proprio pensiero con la parola, lo scritto ed ogni altro mezzo di diffusione. La sedes della Nostra Carta in cui questo diritto è stato inserito, non è solo rilevante dal punto di vista giuridico, ma ha in sé un fortissimo retaggio storico: il legislatore costituente ha inserito questa norma all’interno del Titolo I dedicato ai “rapporti civili” enucleato nella parte prima, quella dedicata ai “diritti e doveri dei cittadini”. Se ci fermiamo a riflettere un momento, questa parte della Nostra Carta Fondamentale è tutta quanta dedicata al riconoscimento di alcune libertà che nel periodo fascista erano state soppresse: quello della libertà di manifestare il proprio pensiero costituisce il caso più emblematico, perché, mentre nel 48 tale libertà era concepibile come una conquista di civiltà oggi, nel 2012, si trova ad essere contrastante con le logiche di potere che da anni ormai governano le nostre vite.
Ho parlato di “regalo” che i nostri padri costituenti hanno voluto farci, perché credo che solo attraverso questo dono possiamo sperare di cambiare il nostro mondo, la nostra società. La conoscenza è strumentale all’indignazione e oggi è fondamentale che ci sia qualcuno pronto a divulgare il verbo della legalità e a far conoscere anche le storie più scomode capaci di far emergere verità scottanti. Molti di loro hanno un coraggio e un vero senso civico. Perché oggi informare, rendere edotti, presuppone un forte senso di civiltà e amore di libertà in mancanza dei quali sarebbe del tutto vana questa missione. Fare informazione non significa imporre questa o quella notizia, ma divulgare il vero e il giusto e farlo con coraggio. Non dobbiamo vivere la censura mediatica eppure oggi, l’informazione, quella che io definisco “ordinaria” in molti casi ha operato questa censura, portando alla ribalta solo ciò che aderiva perfettamente alla linea di governo. Un ritorno al ministero della propaganda, in stile democratico e in piena vigenza della Carta Costituzionale.
Non è solo la duplice vicenda giudiziaria che lega Cosentino e il libro che narra la sua escalation politica a far riflettere. Se si scava a fondo,c’è nascosta una vicenda morale che merita di essere portata in evidenza , si da renderla patrimonio culturale delle nuove generazioni che hanno scelto di vivere secondo principi di giustizia e legalità. I giornalisti che hanno scelto di vivere le terre disagiate e distrutte dallo strapotere mafioso di raccontarne i loro problemi hanno pagato un prezzo altissimo. Molti di loro, penso al coraggioso Giancarlo Siani , a Mauro Rostagno, a Mauro de Mauro sono stati uccisi da quel perverso sistema mafioso che fonda le sue basi principalmente sull’ignoranza. Fare leva su questo aspetto è un dato fondamentale: per le mafie,significa operare un poderoso lavaggio del cervello e rendere chiunque non abbia capacità di dissociarsi mentalmente, una marionetta al suo servizio. Ebbene, oggi questo non succede. Perché la conoscenza regala la possibilità di assaporare quel fresco profumo di libertà. Perché la conoscenza regala la possibilità di scegliere da che parte stare. Sono state queste , secondo me, le ragioni che hanno indotto i coraggiosi autori del Casalese a scrivere questo libro, tanto bello quanto difficile. Ho parlato di vicenda morale, ma io preferirei parlare di questione morale. Perché la mafia non è solo criminalità organizzata è distruzione del pensiero è incapacità di ribellione, è incapacità di pensiero. Quando Paolo Borsellino parlò di “lotta alla mafia” disse che la repressione sul piano penale doveva essere accompagnata dalla sensibilizzazione delle coscienze, in modo tale che divenisse anche e soprattutto una questione sociale e morale. Credo che i giornalisti del Casalese hanno attuato pienamente queste parole.
Questo avviene per il tramite di quei giornalisti che oltre alle loro parole ci mettono il cuore e il coraggio di denunciare e porre tutti nell’unica condizione che rende oggi degli uomini e donne liberi: quella di conoscere. Perché non è con l’indifferenza che porteremo avanti battaglie o penseremo di sconfiggere le mafie. Ma solo conoscendo e indignandoci. La conoscenza è la peggiore nemica delle tirannie. Non solo mafiose, ma anche politiche. Solo che quando si parla di mafia e politica, quando si cerca di portare in luce aspetti di questo perverso rapporto che tutto deve essere messo a tacere. Ma finchè non avremo il coraggio, quello stesso coraggio che hanno avuto gli autori del Casalese, non spezzeremo mai questo rapporto. La politica continuerà a fare i suoi loschi affari con la mafia e quella stessa politica ci governerà. Non sapremo mai se con le direttive di partito o con quelle concordate con la mafia.
A conclusione di queste mie riflessioni sparse, ho solo un pensiero che pervade la mia anima e voglio condividerlo con voi: non possiamo più tappare la bocca o impedire di denunciare con la semplice scrittura e pubblicazione di un libro. Non possiamo più vedere i magistrati applicare leggi scritte apposta per non reprimere il fenomeno mafioso. Oggi più che mai, abbiamo il coraggio di appoggiare chi vuole diffondere le proprie idee e non di chi per paura si volta dall’altra parte e non guarda. Abbiamo bisogno di difendere coloro i quali con coraggio mettono al servizio la loro professione e coltivano il sogno di una terra non più martoriata dalle mafie.
Il titolo che ho scelto per questo mio scritto è un semplice interrogativo: mi chiedevo se oggi esercitare il diritto di cronaca sia ancora possibile o costituisce l’inizio di un’ utopia.
Io credo che finchè ci sarà chi pensa di cambiare la società, di chi è così pazzo da pensarlo, come diceva Einstein, la potrà cambiare.
Lo farà con tutti i mezzi che ritiene necessario utilizzare. Io sono convinta che oggi si può e si deve esercitare questo diritto e chi lo fa, abbina alla sua missione una elevatissima dose di coraggio.
Noi abbiamo solo il compito di stare a fianco di questi giornalisti e di diventare “soggetti passivi” del loro diritto di cronaca.
Uniamoci tutti quanti al fianco di questi uomini coraggiosi.