“Napoli, il Far West dei ragazzini killer” – Raffaele Cantone, su Il Mattino di Napoli, ed. naz. di domenica 7 luglio 2013

Il reportage di Giuseppe Crimaldi, contenuto nelle pagine di cronaca, riporta un episodio che dovrebbe far sobbalzare dalla sedia i cittadini non solo napoletani.
un commando di sei killer, partiti dai Quartieri spagnoli, si reca con tre moto potenti, i cui occupanti sono travisati da mephisto neri, a Ponticelli, a casa di un soggetto considerato un emergente del gruppo camorristico.
Il bersaglio forse si avvede dell’imminente agguato e scappa; i killer non vogliono tornare indietro a “mani vuote”; trasformano la spedizione di morte in atto intimidatorio di cui deve restare il segno; esplodono una vera pioggia di fuoco contro la finestra dell’abitazione in cui ci sono la moglie e la figlioletta di otto mesi del bersaglio sfuggito, e per miracolo non vengono colpiti. Poi si allontanano, come in una scena da film western, con le pistole in bella mostra, con le canne rivolte verso il cielo, a voler dimostrare il controllo totale del territorio. Due dei killer, però, vengono intercettati da una coraggiosa pattuglia di carabinieri in borghese.

Fonte: ilmattino.it

Fonte: ilmattino.it

I tre militari che la compongono conoscono Napoli a menadito e difficilmente restano sorpresi dalle scene che quotidianamente vedono; eppure ieri saranno rimasti di sasso a scoprire sotto i mephisto, il volto di due ragazzini; avevano 16 anni, da poco compiuti. Non avranno potuto fare a meno di pensare, come nel giro di controllo fatto da altri colleghi o da loro stessi poco prima, nei quartieri della movida o sul lungomare, i coetanei dei due ragazzi da loro arrestati stavano divertendosi, in meritata vacanza, probabilmente dopo la fine della scuola. Gli arrestati, invece, avevano scelto una serata diversa; un’attività altamente pericolosa, come recarsi in un quartiere tutt’altro che tranquillo per ammazzare un soggetto certamente in grado di difendersi con mezzi analoghi. Lo avranno fatto di certo, esaltati ed obnubilati dagli stupefacenti, quasi certamente della cocaina.
Non ci sarebbe da meravigliarsi, se nel prosieguo delle indagini gli inquirenti scopriranno che anche gli altri quattro componenti della spedizione di morte, fossero di età più o meno analoga. Non è difficile pronosticare chi sono i due ragazzi; probabile abbandono scolastico precoce; precedenti penali per reati contro il patrimonio; famiglie disastrate ed inserite nell’ambiente criminale; un destino, insomma, quasi segnato.
Ma questo tentativo di spiegazione non può far venir meno l’enormità della vicenda; due ragazzini, già esperti (baby) killer, utilizzati chissà da chi per andare ad ammazzare; che partecipano ad una sparatoria, con armi potentissime, che per poco non provoca la morte di una neonata di 8 mesi, che ha la sola colpa di essere la figlia di un altro poco di buono!
Ma il punto vero è un altro; quanti davvero sobbalzeranno dalla famosa sedia, leggendo l’articolo di Crimaldi? Sono pessimista a pensare pochissimi?
L’episodio sarà archiviato come un’altra “breve di cronaca”, di cui domani ci si sarà dimenticati e che di essa fuori Napoli nessuno conoscerà nemmeno. eppure il coinvolgimento criminale di giovanissimi non è affatto un’eccezione, che non sminuirebbe né la gravità, né la drammaticità. Sta diventando, invece, una tragica regola, della quale ci siamo abituati in fretta e disinteressati con uguale velocità!
Come non pensare ai tantissimi ragazzi, persino più piccoli di quelli arrestati ieri, pienamente coinvolti nell’attività di spaccio non solo a Scampia, ma anche nelle altre piazze meno famose, ma non meno fiorenti come il Parco Verde di Caivano o le Salicelle di Afragola?
Su questo giornale già in altre occasioni, si è ricordato come i quadri (o persino i vertici) di molti clan cittadini siano ormai occupati da giovani poco più che ventenni, noti per soprannomi da ragazzini imbarazzanti per chi vuole atteggiarsi a camorrista. Ragazzi molto in fretta cresciuti anche dal punto di vista criminale che hanno approfittato dei vuoti di potere, creatisi per gli arresti dei vecchi boss e che grazie alla loro carica di violenza si sono imposti in piazze criminali dove i loro predecessori avevano un ben cospicuo pedigree delinquenziale.
E quanti ragazzi, poco più che maggiorenni sono già morti, vittime di faide criminali, o sepolti in carcere da condanne lunghissime, in qualche caso persino ergastoli?

Girarsi dall’altro lato rispetto a questa enormità, sta diventando un atteggiamento che – bisogna dire con chiarezza – è ormai di vera connivenza.
Se pensiamo che un’intera fascia sociale debba distruggere ed autodistruggersi, ha davvero senso parlare di lotta alle mafie, andare con striscioni alle manifestazioni e mettersi bei distintivi sulle giacche?

“L’appello ascoltato e l’omertà da battere” – Raffaele Cantone, su Il Mattino di Napoli, ed. naz. di sabato 20 ottobre 2012

Con il passare dei giorni si delinea sempre più con precisione l’incredibile ragione della morte del giovane Pasquale Romano.
Fa accapponare la pelle il solo scriverlo; Romano sarebbe stato scambiato per uno spacciatore che abita in zona Marianella, forse nello stesso palazzo della fidanzata; aveva, cioè, le fattezze fisiche somiglianti a un uomo collegato ai clan di Scampia che doveva essere colpito in connessione, probabilmente, con l’altro brutale omicidio dei giorni scorsi, avvenuto in un garage non lontano.
Non è la prima volta, purtroppo, che nel corso di una guerra di camorra sono colpite vittime innocenti; in questo caso, poi, si trattava di un’eventualità che appariva ancora più drammaticamente possibile, visto che nella faida di Secondigliano, i killer che stanno sparando sono giovanissimi, tanto feroci quanto inesperti, certamente in balia della cocaina.
Scaricare ben 14 colpi su un giovane assolutamente inerme, non può che essere spiegato in questa prospettiva. E’ un episodio, però, che non può e non deve rimanere relegato nelle fredde statistiche; non perchè i morti non siano tutti uguali e debbano distinguersi fra buoni e cattivi, ma perchè va letto come una vera e propria sfida allo Stato, lanciata da questo brutale manipolo di delinquenti che sta mettendo a nudo il livello di insicurezza raggiunto in quelle periferie cittadine, nemmeno particolarmente degradate.
E la prima risposta, anche per rispetto alla morte di Pasquale, non può che essere l’indignazione che deve farsi sentire forte; e bene ha fatto ad esprimerla con nettezza nel fondo di ieri il direttore Cusenza, chiedendo al responsabile dell’ordine pubblico nazionale, il ministro dell’Interno, di fare ancora di più, per arginare questa insopportabile scia di sangue. E il ministro, raccogliendo l’invito e rispondendo anche all’accorato appello della madre della vittima, è venuto ieri a Napoli in visita privata proprio a casa dei genitori di Pasquale, per testimoniare una vicinanza concreta delle istituzioni nazionali.
Ma dopo l’indignazione necessaria, bisogna capire cosa fare, tenendo conto che la guerra di camorra prosegue da mesi e che lo scenario sul campo è abbastanza chiaro.
Sotto un primo aspetto, va rimarcato un dato; nell’ultimo vertice napoletano, i ministri avevano promesso di fare la loro parte, ma anche chiesto ai cittadini napoletani uno scatto d’orgoglio ed una presa di distanza netta rispetto a quanto avviene. La manifestazione organizzata con grande tempestività da associazioni e movimenti,a  cui ha partecipato mostrando dolore e compostezza anche la fidanzata di Pasquale, è stato un segnale che va nel senso auspicato senza essere stato assolutamente offuscato dalle troppe finestre chiuse al passaggio del corteo di manifestanti, sintomo preoccupante di quell’omertà e paura che persiste.

Striscione ai funerali di Pasquale Romano
Mauro Pagnano photographer (c)

In questa prospettiva, sia la visita del ministro Cancellieri ai familiari del giovane, sia le presenze istituzionali in chiesa ai funerali (dai sindaci, al questore, al prefetto che ha ritenuto di essere presente quale suo ultimo atto napoletano), sono un ulteriore segnale incoraggiante; le istituzioni che chiedono ai cittadini di esporsi, devono poi saper dimostrare vicinanza e solidarietà. Se i cittadini hanno cominciato a fare la loro parte, adesso la palla passa nel campo delle istituzioni e delle forze dell’ordine.
Sul piano squisitamente operativo, l’aumento provvisorio dell’organico della polizia di 200 unità sta dando qualche primo frutto; le principali piazze di spaccio sono ormai presidiate e questo sta, se non impedendo, certamente rendendo più complicato lo smercio della droga e paradossalmente spostando altrove, nei quartieri limitrofi che non beneficiano dei medesimi dispositivi militari, i raid omicidi degli uomini dei clan.

E’ evidente che gli sforzi non bastano e devono essere moltiplicati; non ci saranno ulteriori aumenti di organico, impossibili per ragioni di bilancio; bisogna, quindi, concentrarsi sugli obiettivi più importanti; ci sono personaggi legati ad entrambi i gruppi in lotta, dal curriculum criminale solo apparentemente minore, in qualche caso latitanti, che costituiscono i commando che sparano. Le forze dell’ordine li hanno individuati e devono assolutamente arrestarli; fermare la scia di sangue, evitare altri omicidi è quanto ha chiesto la madre di Pasquale ed è il tributo migliore per dimostrare che le istituzioni battono un colpo, non solo sul piano simbolico.