“Troppe ombre sulle discariche” – Raffaele Cantone, su Il Mattino di Napoli, ed. naz. di domenica 22 gennaio 2012

Con una missiva di lunedì scorso, 16 gennaio, il Governo, previo accordo con la Regione Campania, le Province (soprattutto quella di Napoli) ed il comune capoluogo, ha risposto alla messa in mora dell’Unione Europea sulla questione rifiuti.
E’ documento che merita una lettura attenta, ben scritto, pieno di dati e notizie molto interessanti, ma anche di spunti di riflessione e di ragioni di preoccupazione.
Da cittadino campano l’augurio è che sia capace di convincere l’Europa a bloccare la procedura di infrazione.
Ed evitare, quindi, l’irrogazione di una pesante sanzione pecuniaria che darebbe un ulteriore colpo all’immagine internazionale del Paese.
Del contenuto della lettera si è scritto abbastanza sui giornali napoletani, ma prima di commentare qualche passaggio di essa è opportuno molto sinteticamente ricapitolare il tutto, partendo dalla contestazione mossa dall’Unione: l’Italia, venendo meno ad una serie di obblighi contenuti in direttive comunitarie, non ha adottato per la Campania le misure necessarie ad assicurare che i rifiuti siano recuperati e smaltiti senza pericoloper la salute e senza pregiudizio per l’ambiente.
Con una puntuale difesa si indica, in primo luogo, quanto effettivamente fatto da tutte le Istituzioni negli ultimi mesi per uscire dall’emergenza, ma soprattutto si propone la road map (si spera l’ultima della serie!), ciò che è necessario ancora fare, perchè si è onestamente consapevoli che la strada da percorrere è molto lunga e non certo agevole.
I punti programmatici sono abbastanza scontati e cioè l’apertura di nuove discariche, soprattutto nella provincia di Napoli, la costruzione di altri termovalorizzatori e di impianti per il compostaggio, l’aumento della raccolta differenziata; nella fase interlocutoria, il trasferimento di parte dei rifiuti fuori regione e/o all’estero.
Al di là di un eccesso di ottimismo sui tempi previsti (che cozza con la lentezza con cui fino ad ora si è proceduti), sarebbero non pochi i punti critici enucleabili; basta qui evidenziarne uno che attiene ai nuovi termovalorizzatori; nell’impostazione del governo ne vanno costruiti altri quattro, oltre quello di Acerra (che con sollievo – si legge – funzionare a pieno ritmo e rispettare pienemanete i parametri); in particolare, tre dovrebbero essere utilizzati a regime (e cioè uno a Caserta, uno a Salerno, uno a Napoli est); il quarto, da impiantare a Giugliano servirebbe a bruciare le ecoballe sistemate in passato in modo scriteriato ed abnorme in luoghi che, con termine edulcorato, vengono definiti “siti di stoccaggio provvisorio”.
Prescindendo dai possibili rischi di proteste popolari che potrebbero allungare i tempi, il documento tace completamente sull’opposizione nettissima del comune di Napoli, i cui vertici hanno persino deciso di vincolare le aree per tentare di impedirne la costruzione. Viene considerato, forse, un non problema?

Ma è sulle discariche in provincia di Napoli che sorgono le maggiori preoccupazioni.
A pagina 10 della missiva, si dice testualmente: “Il commissario straordinario ha eseguito uno screening su tutte le cave della provincia di Napoli.. e le risultanze del monitoraggio hanno consentito di selezionare almeno sei siti per aree omogenee della provincia, portando all’approvazione dei progetti preliminari di riqualificazione delle cave”. Si aggiunge, poco più avanti, che i siti avranno una capacità di stoccaggio di rifiuti di “un milione di tonnellate”!
Sarebbero, in pratica, stati trovati sei luoghi idonei a scaricare, in una provincia in cui negli ultimi anni non si è riusciti a trovareneanche un buco! Si tratterebbe, in particolare, di “cave” da “riqualificare”.
Le due parole, utilizzate quasi en passant, a ben riflettere rischiano, invece, di diventare il cavallo di troia di altro.
Quanto alla prima (“le cave”), le preoccupazioni principali riguardano il pericolo di infiltrazioni camorristiche; in un passato recente, soggetti vicini a potenti clan sono riusciti ad acquistare in anticipo siti a prezzo vile, rivenduti all’allora struttura commissariale, con ingenti guadagni, approfittando anche dei minori controlli connessi all’emergenza. Proprio memori di quell’esperienza, non si dovranno certo utilizzare i poteri straordinari per bypassare i controlli antimafia!
L’altra, “la riqualificazione”, il cui significato semantico è chiaro sembrerebbe un termine fuori luogo nel contesto del documento all’Europa dedicato alle discariche.

Sorge un pericoloso sospetto; si tenterà forse di far passare, anche per evitare sollevazioni popolari, come interventi di riqualificazione il riempimento delle cave con materiali provenienti dalla lavorazione dei rifiuti? Questi materiali sono quella famosa “frazione biostabilizzata” nota come “compost fuori specifica”, sulla cui non dannosità molti studiosi avanzano dubbi (e che comunque gli Stir della Campania non producono)?
E’ necessario sul punto chiarezza, non nascondendosi dietro le parole; bisogna che si sappia cosa si vuol fare e come farlo; il tutto dovrà avvenire con massima trasparenza, non dimenticando mai che la tutela della salute dei cittadini, che è anche l’obiettivo perseguito dall’intervento sanzionatorio dell’Europa, deve rimanere al primo posto.

“L’inacettabile dono all’evasore” – Raffaele Cantone, su Il Mattino di Napoli, ed. naz. di sabato 8 ottobre 2011, ne “L’analisi”.

Dopo un estenuante tam tam, Palazzo Chigi ha smentito le voci su un imminente condono fiscale “tombale”, da proporsi con le misure per il rilancio dell’economia.
Gli analisti economici concordano, infatti, sulla necessità di un’ennesima manovra per raggiungere il pareggio di bilancio – visto che il richio recessione rende aleatorie molte entrate programmate – e sull’indispensabilità di ulteriori risorse per far ripartire i consumi.
Siccome il fondo del barile è stato in gran parte raschiato e nuovi tagli e tasse sarebbero difficili da attuare, si sostiene da parte di alcuni, che l’unico modo di fare “cassa” sarebbe quello di approvare un (ennesimo) condono tombale.
E’ una scelta, invece, che ci si augura non sarà assolutamente intrapresa, perchè per quanto si dirà, questa di cui si parla è una misura ingiusta, discriminatoria e fra l’altro contrastante con le norme dell’Unione europea.
Il condono cosiddetto tombale (aggettivo quest’ultimo tanto brutto quanto espressivo) è, in estrema sintesi, una misura clemenziale con la quale lo Stato dietro il pagamento di una somma di denaro (in genere di gran lunga inferiore a quella che si sarebbe dovuto pagare) chiude ogni controversia attuale e/o potenziale con il contribuente; volendo continuare ad utilizzare un linguaggio funerario, mette, cioè una croce sopra il passato e rende – almeno tendenzialmente – impossibile accertare eventuali evasioni o elusioni dell’imposta già commesse.

E’ uno strumento che ha un enorme vantaggio; consente di ottenere certi e rilevanti introiti da parte dell’Amministrazione fiscale perchè – evidentemente – i contribuenti hanno interesse a pagare per evitare altri problemi; ne ha l’interesse il piccolo evasore perchè evita accertamenti e multe comunque salate, ne ha ancor di più interesse il grosso evasore perchè in tal modo il suo passato diventa immacolato e nessuno potrà andare a spulciare nei suoi conti e nei suoi possibili ricavi in nero.
Ma accanto a questo vantaggio utilitaristico, vi sono varie controindicazioni in termini di giustizia ed equità fiscale.
Un prima è persino evidente; il condono fiscale (così come quello edilizio, previdenziale e via dicendo) danneggia chi ha sempre pagato le tasse integralmente; diventa un premio paradossale per chi in regola non è perchè consente a quest’ultimo di ottenere lo stesso effetto del contribuente integerrimo, ma a prezzi di gran lunga più bassi; non incentiva, quindi, comportamenti virtuosi nella speranza e nell’attesa di future misure clemenziali!
Un secondo, pure, è conseguenza quasi necessaria della tipologia di misura; siccome in astratto non si può sapere quanto sia stato evaso da chi vuol regolarizzarsi, in genere la somma da pagare (la cosiddetta oblazione) viene commisurata a quanto comunque si è dichiarato, con una sorta di paradosso che chi ha evaso di più, dichiarando pochissimo, rischia di pagare meno rispetto a chi ha meno evaso.
Accanto a queste due obiezioni – superabili solo applicando la regola che il fine da raggiungere (e cioè incassare il più possibile) giustifica qualunque mezzo adottato (e cioè il pagamento di una somma obiettivamente non correlata al reddito) – ve ne è anche un’altra che non sembra si stia proprio considerando.
L’Italia non è più un Paese che gode di un’assoluta autonomia sul piano legislativo in materia fiscale; fa parte, infatti dell’Unione europea che ha poteri sovraordinati sul punto, soprattutto perchè una delle imposte più importanti (e cioè l’IVA) alimenta il bilancio comunitario e le regole che la riguardano non possono derogare alle norme europee.
L’Unione europea, in particolare, in un recente passato ha già contestato un precedente condono (quello della l. n. 289 del 2002) adottato dall’Italia, ottenendo anche una sentenza di condanna, per infrazione commessa dallo Stato, della Corte Europea.
In particolare, con la sentenza C- 132/06 del 17 luglio 2008 la Corte di giustizia, oltre a stigmatizzare il condono come “un istituto che di fatto favorisce i contribuenti colpevoli di frode” (citazione quasi testuale), ha dichiarato illegittime alcune disposizioni della legge di clemenza, in quei casi in cui – come avviene con il condono tombale – lo Stato di fatto rinunci all’accertamento ed alla riscossione dell’imposta, accontentandosi di una somma “non equivalente” a quella effettivamente dovuta.

Vi è, infine, un’ultima considerazione; in un momento storico in cui la credibilità internazionale di un paese appare un elemento determinante che influenza i mercati e soprattutto il valore dei titoli di Stato, adottare un condono dimostrerebbe non solo (ancora una volta) l’incapacità dello Stato di perseguire gli evasori ma la contraria volontà di scendere a patti con loro, accettando da essi un obolo quasi ridicolo, che non escluderebbe, fra l’altro, in futuro che gli stessi continuino ad evadere.
Sarebbe, quindi, la solita misura di corto respiro, incapace di apportare benefici reali nel lungo periodo e distruttiva sul piano dell’immagine internazionale del Paese.

 

“La piaga rifiuti e il modello Coppa America” – Raffaele Cantone, in “Riflessioni”, su Il Mattino di Napoli, ed. naz. di mercoledì 28 settembre 2011

E’ da ieri che sui media è rimbalzata la notizia che domani sarà avviata una procedura di infrazione in sede comunitaria contro l’Italia, per la situazione dei rifiuti in Campania.
Tecnicamente, in base alle norme del Trattato, sarà la Commissione Europea, il vero governo dell’Unione, che, verificata l’inosservanza da parte del nostro Paese degli obblighi comunitari, notificherà una lettera di messa in mora con cui contesterà gli addebiti, invitando, entro un termine prefissato a rimuovere le situazioni contrarie alle disposizioni europee ed, in caso di inottemperanza, avvierà un procedimento contenzioso dinanzi la Corte di Giustizia Europea.
Quest’ultima stabilirà se violazioni alle regole vi sono state e, al di là del significato politico della decisione, potrà anchedisporre di sanzioni pecuniarie contro lo Stato.
E’ bene ricordare che l’Italia è già stata condannata nel 2010 sempre con riferimento allo stesso argomento ed in quell’occasione, con la sentenza n. 297-08, si sancì che in Campania non erano state adottate tutte le misure necessarie per assicurare che i rifiuti fossero recuperati o smaltiti senza pericolo per la salute dell’uomo e senza pregiudizio all’ambiente.
In pratica, la Corte sanzionò l’incapacità di organizzare un ciclo completo dei rifiuti.
Anche la contestazione prossima avrà sostanzialmente analogo oggetto, per cui secondo la Commissione, l’Italia è recidiva nel non rispettare i principi sopranazionali in materia di rifiuti.
Fermandosi alle apparenze, l’intervento europeo potrebbe sembrare ingiustificato; non vi è in questo momento una fase acuta di emergenza; a Napoli e nella provincia non vi sono certo i cumuli di spazzatura in strada, come capitato fino ad alcuni mesi fa, e la situazione appare nettamente migliore rispetto al passato.
In realtà, però, il fuoco cova sotto la cenere perchè i problemi strutturali restano in gran parte insoluti.
Il ciclo dei rifiuti previsto dalla legge regionale non si è affatto attuato; la differenziata, che a livello regionale sta migliorando nei numeri, è ben lontana, a parte alcune zone molto virtuose, dal raggiungere gli standard minimi; la termovalorizzazione riguarda solo una parte proporzionalmente non significativa dell’indifferenziato; il recupero attraverso compostaggio o altre pratiche ha percentuali bassissime e resta una grossa parte di spazzatura che finisce nelle discariche (alcune delle quali in via di esaurimento) o viene portata altrove.
E’ noto che una parte cospicua di immondizia dovrà partire per l’estero (l’Olanda a quanto è dato capire), dove sarà trattata attraverso incenerimento.
Si tratta, però, di una soluzione temporanea che non solo non è in grado di scongiurare rischi futuri, ma essa stessa è la dimostrazione di un ciclo che non si è affatto chiuso.
E questo avviene in un contesto che dal punto di vista normativo vede una situazione alquanto ingarbugliata, con competenze divise e sovrapposte fra regione, provincia e comuni e dal punto di vista della gestione pratica il manifestarsi di posizioni diametralmente opposte.
Da un lato il Comune di Napoli, che per voce del sindaco e dell’assessore del ramo, insiste nell’opporsi alla costruzione del nuovo termovalorizzatore, dichiarando di essere certi di poterne fare a meno grazie ad una raccolta differenziata da paesi scandinavi.
Dall’altro la Regione che, forte della sua competenza normativa sul punto, continua a ritenere indispensabile la costruzione di un nuovo inceneritore a Napoli, ma in concreto, poi, non riesce a far partire l’appalto.

Eppurel’esperienza recente, che ha visto muoversi in sintonia tutti gli enti locali, ha dimostrato che l’unione consente di ottenere risultati insperati; le tappe della Coppa America di vela, che sembravano essersi allontanate, si faranno, invece, nel golfo, con un grosso ritorno di immagine e con una discreta prospettiva di incentivare un’economia asfittica.

E perchè non sperimentare lo stesso metodo anche per i rifiuti?
E’ certamente possibile, mettendo da parte preconcetti ideologici e culturali, trovare una soluzione condivisa da tutti, che passi eventualmente attraverso la modifica della pessima legge regionale e che consenta definitivamente di uscire dall’emergenza, evitando l’ennesima figuraccia internazionale all’Italia.
Del resto i rifiuti sono certamente un enorme problema, ma possono diventare una risorsa, anche in termini economici ed occupazionali, se gestiti con intelligenza e nel rispetto delle regole.

Se gli olandesi da domani ed i tedeschi in passato hanno accettato la nostra spazzatura, sdegnosamente rifiutata da tante regioni del Centro Nord, non lo hanno certo fatto per sole ragioni di solidarietà, ma soprattutto perchè quella munnezza produceva ricchezza.
Ed è impossibile sperare che possiamo essere direttamente noi a trarre benefici dai rifiuti che produciamo?