La proposta di regolarizzazione delle occupazioni abusive degli alloggi popolari, avanzata alcuni giorni orsono da un assessore comunale di Napoli (e per il momento accantonata), ha riaperto un dibattito su una questione particolarmente calda in città.
Il tema sembra poi essersi arricchito di nuovi spunti di riflessione, dopo che Il Mattino, con documentati servizi, ha dimostrato come in non pochi casi di occupazioni abusive vi sia stato un intervento diretto dei gruppi camorristici.
Si tratta, invero, di un fatto notorio già emerso nei quartieri in cui insistono alloggi popolari. I clan, infatti, hanno una pluralità di “ragioni” per occuparsi del fenomeno.
Il boss del quartiere ha, in primo luogo, interesse a scegliersi i “vicini” fra i soggetti a lui non ostili; attraverso, poi, la gestione di fatto delle case aumenta il suo prestigio e potere nel quartiere, ottenendo gratitudine e disponibilità di coloro a cui le abitazioni sono “concesse”. Sono poi gli stessi camorristi che finiscono per proteggere gli occupanti abusivi anche contro le legittime aspirazioni degli assegnatari legittimi; essi sono, infatti, in grado di utilizzare argomenti decisamente convincenti per scoraggiare chi volesse far valere i propri diritti.
Basterebbe questa acclarata e massiccia infiltrazione criminale fra gli occupanti abusivi a chiudere ogni discussione e a giustificare una posizione di nettissima contrarietà ad ogni forma di sanatoria; essa finirebbe, suo malgrado, per recepire le “graduatorie” della camorra, non essendo possibile, con tutte le accortezze tecniche immaginabili, sterilizzare un rischio così grave.
Ma seppure volessimo prescindere dal “fattore C” – anche per evitare che la camorra diventi un alibi per opporsi ai cambiamenti – la regolarizzazione comunque sarebbe un errore da stigmatizzare.
Essa finirebbe per essere – e lo dico senza timore di esagerare – grave quanto (o persino peggiore de) i condoni edilizi e fiscali.
La sanatoria in questione consentirebbe, infatti, come i condoni, di legalizzare ciò che è stato acquisito (o costruito o evaso etc) in modo irregolare, spesso attraverso atti di prepotenza che, non si dimentichi, costituiscono anche reato; con un danno di carattere generale soprattutto per i cittadini onesti che vedono premiati coloro che non hanno rispettato le regole e con il rischio di incentivare nuove violazioni, nella prospettiva di possibili ulteriori regolarizzazioni.
A questi effetti negativi, tipici di ogni forma di sanatoria, nel caso di specie se ne aggiunge un altro specifico; l’espropriazione dei diritti dei veri assegnatari degli immobili da altri occupati.
Legittimare le occupazioni abusive sarebbe, infine, un danno molto grave per l’immagine di una città che fatica a liberarsi dallo stereotipo di capitale dell’illegalità e non sarebbe coerente con quanto l’amministrazione dichiara di continuo in tema di rispetto della legalità.
C’è sicuramente – e sarebbe da ciechi negarlo – nella proposta di delibera comunale un obiettivo meritorio; fra gli occupanti abusivi ci sono persone che hanno situazioni di gravissima necessità e che hanno violato le regole perché costretti da indigenza e difficoltà abitative insuperabili. Sono soggetti oggettivamente deboli che vanno in qualche modo aiutati. Del resto, persino la Cassazione penale considera posizioni di disagio grave ed accertato come scriminanti del delitto di occupazione abusiva!
Queste situazioni – da accertarsi con uno screening molto rigoroso – non potranno certo consentire di mantenere ciò che è stato acquisito, comunque, in modo oggettivamente illegale. Dopo il ripristino della legalità – che significa consentire ai legittimi assegnatari di poter avere la casa di cui hanno titolo! – si potrà garantire a queste famiglie bisognose di non essere escluse dalle future assegnazioni, come il loro gesto irregolare imporrebbe, e di avere anche una qualche priorità.
L’unico faro da seguire, quindi, non può che essere l’assoluto e rigoroso rispetto delle regole; le deroghe e gli stravolgimenti di esse, per quanto possano apparire giustificate anche da nobili ragioni, rischiano di aprire varchi (se non autostrade) ad ogni genere di future illegalità; di buone intenzioni – è noto, del resto – è lastricata la strada per l’inferno.