Giovedì sera, poco dopo la fine della partita di Europa League tra il Napoli e l’Aik Solna, tre tifosi svedesi sono stati aggrediti, mentre mangiavano una pizza in un locale in pieno centro, da un gruppo di persone armate di spranghe e coltelli e con i volti coperti. Uno degli svedesi è stato ferito al gluteo, per fortuna in modo non grave. Potrebbe apparire un classicio episodio di teppismo, come quelli che si verificano (purtroppo) spesso a margine di partite di calcio ma, a ben vedere, sembra invece qualcosa di molto più inquietante e preoccupante. E’ inutile dire che nessuna ragione poteva essere neanche lontanamente addotta per giustificare l’aggressione; il Napoli aveva stravinto la partita.
E i tifosi svedesi erano stati correttissimi nello stadio, secondo le tradizioni tipiche dei supporter scandinavi. Eppure già il giorno prima della partita c’era stata un’altra aggressione ancora più eclatante; un gruppo di oltre dieci tifosi, mentre cenava in un locale del centro, era stato affrontato da una vera banda, anche in questo caso formata da giovani che mostravano i segni di riconoscimento della tifoseria azzurra, ma con i volti coperti; il peggio era stato evitato per l’intervento di un accompagnatore napoletano da tempo trasferitosi in Svezia.
Due fatti che per l’identica modalità sono quasi certamente collegati e che hanno una causale che ha poco a che vedere con l’incontro calcistico.
Gli inquirenti ritengono si tratti o di una sorta di ritorsione contro la condanna pronunciata alcuni giorni fa contro gli appartenenti a un gruppo di ultrà denominato Bronx o, persino, di un’azione dimostrativa per assumere la leadership nelle curve e tentare di porsi come interlocutori del club. Una logica che va oltre il teppismo puro e che assomiglia a quella della criminalità organizzata. E non è la prima volta che accade, tanto che la Procura della Repubblica, primo ufficio italiano a farlo, ha molto opportunamente creato da tempo un pool che si occupa di reati violenti di stadio coordinato da un procuratore aggiunto (Giovanni Melillo), che in passato ha seguito alcune delle più importanti indagini sulle consorterie camorristiche napoletane.
Nei provvedimenti giudiziari viene da tempo evidenziato quanto sia sempre più forte il legame che vi è fra i gruppi del tifo organizzato e la criminalità camorristica; un bacino da cui i clan raccolgono la manovalanza, che spesso sfruttano per far fare azioni violente – come non ricordare i disordini contro la discarica a Pianura – e a cui concedono la possibilità di guadagnare con attività illecite, che vanno dal mercato del falso allo spaccio di droga. C’è certamente bisogno di interventi repressivi e preventivi come i Daspo, ma è necessario anche che il Calcio Napoli faccia ancora di più, evitando ogni genere di rapporti con questa teppaglia e facendo in modo che non si verifichino più episodi di contatti tra questi pseudo tifosi e giocatori della squadra. Ma c’è anche un altro versante che preoccupa e riguarda il riflesso negativo di questi episodi sul piano internazionale. Vicende come quelle accadute ai pacifici tifosi svedesi campeggeranno sui giornali dei loro paesi e non saranno una piacevole pubblicità. Napoli, del resto, è sulle prime pagine dei giornali non più solo nazionali per la ripresa delle faide di Scampia (periferia) e dei Quartieri Spagnoli (centro storico), una scia di sangue che preoccupa oltre che per il rischio di escalation, per il collegamento al floridissimo mercato della droga.
Capita, infine, anche abbastanza spesso, purtroppo, che turisti stranieri e non restino vittime di tipici reati da strada, quali scippi e rapine.
Intendiamoci, su questo specifico fronte Napoli non è affatto più pericolosa di tante altre metropoli occidentali, come dimostrano i dati statistici, ma è l’insieme dei vari fatti che danno l’idea di una città violenta e pericolosa, che contrasta con l’altra immagine di chi, con gli sforzi meritori, ha portato le ragate dell’America’s cup o la Coppa Davis. Napoli è evidentemente una città molto difficile, dove il serbatoio di miseria e di degrado (i numeri della disoccupazione, in certi quartieri fanno rabbrividire), che rischia anche di aumentare con la crisi economica, fornisce manovalanza criminale continua. Dovrebbe essere un problema nazionale nel suo ruolo di vera capitale e simbolo dell’intero sud. Ed invece si continua a ragionare nell’ottica del semplice contrasto criminale, affidato a volenterose e meritorie forze di polizia a cui viene dato l’improbo compito soltanto di turare le falle di turno.