“Città violenta, un’immagine da demolire” – Raffaele Cantone, in Riflessioni, su Il Mattino di Napoli di sabato 22 settembre 2012

Giovedì sera, poco dopo la fine della partita di Europa League tra il Napoli e l’Aik Solna, tre tifosi svedesi sono stati aggrediti, mentre mangiavano una pizza in un locale in pieno centro, da un gruppo di persone armate di spranghe e coltelli e con i volti coperti. Uno degli svedesi è stato ferito al gluteo, per fortuna in modo non grave. Potrebbe apparire un classicio episodio di teppismo, come quelli che si verificano (purtroppo) spesso a margine di partite di calcio ma, a ben vedere, sembra invece qualcosa di molto più inquietante e preoccupante. E’ inutile dire che nessuna ragione poteva essere neanche lontanamente addotta per giustificare l’aggressione; il Napoli aveva stravinto la partita.
E i tifosi svedesi erano stati correttissimi nello stadio, secondo le tradizioni tipiche dei supporter scandinavi. Eppure già il giorno prima della partita c’era stata un’altra aggressione ancora più eclatante; un gruppo di oltre dieci tifosi, mentre cenava in un locale del centro, era stato affrontato da una vera banda, anche in questo caso formata da giovani che mostravano i segni di riconoscimento della tifoseria azzurra, ma con i volti coperti; il peggio era stato evitato per l’intervento di un accompagnatore napoletano da tempo trasferitosi in Svezia.

foto di Marco Perillo, per azzurrissimo.it

Due fatti che per l’identica modalità sono quasi certamente collegati e che hanno una causale che ha poco a che vedere con l’incontro calcistico.
Gli inquirenti ritengono si tratti o di una sorta di ritorsione contro la condanna pronunciata alcuni giorni fa contro gli appartenenti a un gruppo di ultrà denominato Bronx o, persino, di un’azione dimostrativa per assumere la leadership nelle curve e tentare di porsi come interlocutori del club. Una logica che va oltre il teppismo puro e che assomiglia a quella della criminalità organizzata. E non è la prima volta che accade, tanto che la Procura della Repubblica, primo ufficio italiano a farlo, ha molto opportunamente creato da tempo un pool che si occupa di reati violenti di stadio coordinato da un procuratore aggiunto (Giovanni Melillo), che in passato ha seguito alcune delle più importanti indagini sulle consorterie camorristiche napoletane.
Nei provvedimenti giudiziari viene da tempo evidenziato quanto sia sempre più forte il legame che vi è fra i gruppi del tifo organizzato e la criminalità camorristica; un bacino da cui i clan raccolgono la manovalanza, che spesso sfruttano per far fare azioni violente – come non ricordare i disordini contro la discarica a Pianura – e a cui concedono la possibilità di guadagnare con attività illecite, che vanno dal mercato del falso allo spaccio di droga. C’è certamente bisogno di interventi repressivi e preventivi come i Daspo, ma è necessario anche che il Calcio Napoli faccia ancora di più, evitando ogni genere di rapporti con questa teppaglia e facendo in modo che non si verifichino più episodi di contatti tra questi pseudo tifosi e giocatori della squadra. Ma c’è anche un altro versante che preoccupa e riguarda il riflesso negativo di questi episodi sul piano internazionale. Vicende come quelle accadute ai pacifici tifosi svedesi campeggeranno sui giornali dei loro paesi e non saranno una piacevole pubblicità. Napoli, del resto, è sulle prime pagine dei giornali non più solo nazionali per la ripresa delle faide di Scampia (periferia) e dei Quartieri Spagnoli (centro storico), una scia di sangue che preoccupa oltre che per il rischio di escalation, per il collegamento al floridissimo mercato della droga.

Capita, infine, anche abbastanza spesso, purtroppo, che turisti stranieri e non restino vittime di tipici reati da strada, quali scippi e rapine.
Intendiamoci, su questo specifico fronte Napoli non è affatto più pericolosa di tante altre metropoli occidentali, come dimostrano i dati statistici, ma è l’insieme dei vari fatti che danno l’idea di una città violenta e pericolosa, che contrasta con l’altra immagine di chi, con gli sforzi meritori, ha portato le ragate dell’America’s cup o la Coppa Davis. Napoli è evidentemente una città molto difficile, dove il serbatoio di miseria e di degrado (i numeri della disoccupazione, in certi quartieri fanno rabbrividire), che rischia anche di aumentare con la crisi economica, fornisce manovalanza criminale continua. Dovrebbe essere un problema nazionale nel suo ruolo di vera capitale e simbolo dell’intero sud. Ed invece si continua a ragionare nell’ottica del semplice contrasto criminale, affidato a volenterose e meritorie forze di polizia a cui viene dato l’improbo compito soltanto di turare le falle di turno.

“Cantone e la metamorfosi della camorra”, di Rosaria Capacchione, su Il Mattino di Napoli di domenica 1 aprile, ne L’analisi

IN “OPERAZIONE PENELOPE” IL GIUDICE RICOSTRUISCE LE TRAME DELLA CORRUZIONE CHE ASSEDIA L’ITALIA – UN LUNGO INTERROGARSI SU TERRITORIO E CRIMINALITA’ E IL DIALOGO CON I LETTORI SUI CARDINI DELLA GIUSTIZIA

C’è un libro, pubblicato un quarto di secolo fa, che racconta i tormenti dell’innamorato affidando però, sogni, speranze, dolori, alle parole di quanti hanno scritto nei secoli di quelle stesse passioni.
E’ una raccolta di frammenti, messi in fila da un esperto di segni – Roland Barthes –  che li ha tradotti in un solo discorso, nell’universalità dell’amore che pure cita solo trasversalmente. C’è un altro libro, in distribuzione da martedì che mutua la stessa struttura narrativa parlando di giustizia, delle sue regole, delle sue criticità – senza essere un manuale, senza prescrivere rimedi, senza mitigare gli affanni causati dall’amministrazione incompiuta di quella giustizia, appunto, ostinatamente inseguita in ogni sua pagina. Eppure, come Pier Vittorio Tondelli scriveva dei “Frammenti di un discorso amoroso”, alla fine del testo, improvvisamente, la coscienza di ciò che va fatto si rafforzerà.
Anche Raffaele Cantone, magistrato, pubblico ministero fino all’autunno del 2007, oggi giudice in Cassazione, è un esperto di segni.
Li ha raccolti e raccontati, chiamandoli indizi e prove, nelle sue carte giudiziarie e poi (e soprattutto), nei tanti scritti pubblicati per la maggior parte su “Il Mattino”, nel blog della stessa testata informatica, ma anche sull’Unità e L’Espresso: un lungo dialogo con i cittadini, quel popolo italiano nel nome del quale ha chiesto condanne e assoluzioni ricostruendo le tragedie collettive della parte più sofferente della Campania.

Conversazioni a distanza che, messe in fila l’una dietro l’altra, disegnano metamorfosi e patologie di una parte d’Italia pesantemente condizionata dalla camorra e dalla corruzione. Si chiama, il libro (Mondadori, pag. 176, euro 12), Operazione Penelope.
Il sottotitolo spiega la ragione della raccolta, che in verità raccolta vera e propria non è: “Perchè la lotta alla criminalità organizzata e al malaffare rischia di non finire mai”.
Eppure, Cantone non dà risposte.
Formula molte domande, s’interroga, investiga – è il suo vero mestiere, mai abbandonato nonostante il cambio di mansione – offrendo, talvolta, soluzioni che appaiono come pretesti retorici per indurre nuovi ragionamenti: sulle responsabilità politiche, ma, soprattutto su quelle del sistema Italia nell’omessa rimozione delle cause che hanno determinato la prevalenza della camorra in ampie fasce del territorio napoletano e casertano.
Quasi proseguendo il tema già affrontato nel suo precedente lavoro, I gattopardi, individua nella corruzione la malattia che sta uccidendo il Paese. Corruzione di nuova generazione, una “melassa criminosa”, come la definisce, che tiene insieme funzionari pubblici, imprenditori e, ovviamente, la criminalità organizzata. Una degenerazione facilitata dallo smantellamento dei vecchi sistemi di controllo (Coreco), sostituiti dalle Soa, società private di vigilanza pagate dalle stesse imprese che devono essere controllate. La conseguenza è l’imbarbarimento della politica e delle rappresentanze democratiche, scelte (scelte?) in virtù di scndalose operazioni di compravendita del consenso che hanno portato alle elezioni candidati “impresentabili”.
Le domande che Cantone pone soprattutto a se stesso, sono le domande del magistrato-investigatore che non cade mai nella tentazione di sovrapporsi (e sostituirsi) al giudice infallibile, che Voltaire e poi Sciascia indicano come la negazione del concetto di giustizia.
Lui chiede perchè ha effettivo bisogno di sapere, e dai lettori-interlocutori raccoglie le indicazioni necessarie  a costruire un dialogo secondo le regole del processo.
Solo nelle ultime pagine, in una lettera a Silvio Berlusconi, si concede lo spazio dell’ironia. Il divertissement dell’uomo che per una volta prevale sull’uomo di legge.

 

 

 

“Far guadagnare le imprese con la legalità” – Raffaele Cantone ne L’analisi, su Il Mattino di Napoli, ed. naz. di mercoledì 29 febbraio 2012

In sede di esame del decreto legge sulle liberalizzazioni, in commissione industria del Senato, è passato un emendamento che, secondo le dichiarazioni della senatrice Vicari, introdurrebbe “l’elaborazione da parte dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, in raccordo con i ministeri della Giustizia e dell’Interno, di un parametro che misurerà il livello di legalità delle imprese”.
Tradotta la formula apparentemente incomprensibile nel linguaggio corrente, significa che, una volta che la norma sarà approvata nei passaggi parlamentari successivi, verrà introdotto il cosiddetto rating della legalità. Diventerà, quindi, legge la proposta da tempo avanzata da Confindustria soprattutto siciliana; le imprese, cioè, oltre a essere valutate per il fatturato, la capacità dei manager e, ovviamente, per la loro solvibilità, riceveranno una specie di pagella relativa al rispetto della legalità.
Allo stato, pur nell’estrema genericità del parametro di riferimento (la legalità è un concetto tanto ampio e, per dirla con don Luigi Ciotti di Libera, anche troppo spesso “abusato”), è già possibile avanzare qualche prima valutazione.
L’idea dei proponenti l’emendamento è quella di consentire di valutare i comportamenti tenuti dall’impresa nei confronti della criminalità organizzata, riconoscendo un rating particolarmente favorevole a quelle che non solo non risultano in nessun modo in collegamento con ambienti mafiosi, ma che abbiano dimostrato con fatti concreti di volersi opporre ad essa.
Diventerà, quindi, un “merito” imprenditoriale denunciare richieste estorsive, dirette (e cioè il versamento del cosiddetto “pizzo”) o indirette (ad esempio, di assunzione di personale, di acquisto di materiali da fiduciari dei clan, di concedere subappalti o noli etc.).

La valutazione favorevole in termini di legalità dovrebbe avere conseguenze significative sul piano concreto; renderebbe, infatti, più facile l’accesso al credito e ad agevolazioni pubbliche e consentirebbe di essere inseriti in una sorta di “lista dei buoni” (la cosiddetta “white list” da contrapporre alla “black list”) cui potrebbero attingere investitori internazionali o grandi ditte nazionali o estere interessate per affidamenti di lavori, appalti e/o incarichi.
La novità legislativa, così come prospettata, è sicuramente intelligente ed innovativa e su di essa va dato un giudizio ampiamente positivo.
La forza delle mafie, come è ormai noto a tutti, sta soprattutto nella loro smisurata disponibilità economica e nella conseguente loro capacità di coinvolgere pezzi del mondo imprenditoriale e professionale.
Rispetto a tale forza di traino, il richiamo a valori meramente morali o persino al rischio di un coinvolgimento in indagini penali non sono, purtroppo, controspinte da sole sufficienti; c’è bisogno di una sorta di rivoluzione copernicana, riassunta in uno slogan caro a molti esponenti dell’antimafia sociale e cioè “rendere conveniente la legalità”. E premiare sul piano imprenditoriale chi si comporta bene, e lo dimostra con i fatti concreti, risponde a questo obiettivo!
Il nuovo istituto per funzionare, però, richiederà una serie di indispensabili condizioni.
La prima, di esse riguarda i parametri di valutazione del rating; essi dovranno essere particolarmente approfonditi (lo screening non potrà limitarsi, a d esempio, solo a coloro che rivestono le cariche sociali, ma dovrà riferirsi a titolari effettivi delle imprese), ma anche oggettivi, per evitare il rischio che criteri troppo discrezionali ed elastici consentano di dispensare valutazioni positive (anche) agli “amici”, piuttosto che ai (soli) meritevoli.
E, inoltre, il “rating” non deve tradursi in un ulteriore appesantimento per le imprese, dovendosi necessariamente raccordare, per evitare inutili duplicazioni, anche con altri “indicatori” della legalità delle attività economiche. Mi riferisco, in particolare, al rilascio della certificazione antimafia, strumento indispensabile per il contrasto della delinquenza organizzata ma spesso una vera croce per gli imprenditori a causa dei tempi lunghissimi degli accertamenti e dell’eccesso di burocrazia che la contraddistingue.

Bisognerà, quindi, capire il modo in cui il principio sarà effettivamente declinato per esprimere un giudizio definitivo; solo in quell’occasione sarà possibile davvero capire se l’ottima idea si sia stata tradotta in un altrettanto valida applicazione o se, invece, – come scaramanticamente incrociando le dita non ci auguriamo – nel semplice (ennesimo) slogan pubblicitario, senza effetti benefici nel contrasto alle mafie.

Raffaele Cantone, alla Festa Provinciale della Legalità. Giugliano in Campania (Na), venerdì 7 ottobre 2011.

Venerdì 7 ottobre 2011, ore 18.00,  piazza Matteotti, Giugliano in Campania (Na).
Per la Festa provinciale della Legalità, organizzata dal partito democratico, si discuterà del tema “Trasparenza ed enti pubblici. Le infiltrazioni della criminalità organizzata nell’economia e negli appalti”. Insieme all’On. Andrea Orlando (commissione giustizia) ed alla prof. Teresa Bene (II Università degli Studi di Napoli), interverrà il Dott. Raffaele Cantone.

Il nostro Movimento giuglianese “Contro le mafie”, sarà presente con un contributo, attraverso la voce di uno dei suoi membri: Eliana Iuorio.

“Sport pulito e simboli da proteggere”. Raffaele Cantone ne “Il commento”, su “Il Mattino” di Napoli, ed. nazionale di lunedì 6 giugno 2011.

Il tour dell’ex attaccante dell’Inter, Mario Balotelli, nelle terre di Gomorra e nei quartieri più degradati della periferia napoletana, offre lo spunto per alcune riflessioni, soprattutto in questi giorni, quando inchieste giudiziarie ripropongono il calcio quale strumento per attività criminali, come le scommesse clandestine legate alla compravendita delle partite. Al di là delle responsabilità penali, tutte da dimostrare e che, come appare dalla lettura delle cronache giornalistiche relative alla passeggiata di Balotelli a Scampia in compagnia di due esponenti della camorra, sembrerebbero inesistenti, ci sono da considerare i risvolti sociali di un simile comportamento. E questi sono senza dubbio censurabili.
In premessa, sarebbe interessante sapere attraverso quali canali Balotelli sia stato contattato e convinto ad accettare la trasferta a Secondigliano.
Trasferta finalizzata a soddisfare la sua curiosità, come lui stesso ha dichiarato, rispetto al funzionamento della più grande piazza di spaccio d’Europa, e ad accontentare la tifoseria alla quale ha concesso autografi e foto ricordo.
Quei canali sono preclusi a un qualunque altro tifoso, che mai potrebbe immaginare di poter ospitare un campione nella sua casa.
Quindi, nonostante i precedenti, il mondo del calcio, anche del grande calcio, ha continuato a mantenere rapporti stabili e di natura imprecisata con la criminalità organizzata.
Mafia, camorra, ’ndrangheta, dunque, continuano a spendere il loro potere di relazioni per acquistare consenso negli ambienti popolari e delle tifoserie organizzate.
Se le immagini di Maradona assieme ai fratelli Giuliano appartengono ormai allo storia, e sono state di sovente giustificate come bizzarrie di un grande campione, esistono quelle molto più recenti che ritraggono Marek Hamsik in compagnia di altri esponenti di vertice della camorra, che le hanno utilizzate per trasformare il calciatore in icona, in «propria» icona. E qui si aggancia l’altra considerazione.
E cioè quella del rapporto dei campioni dello sport con i giovani, con la società civile, con le tifoserie.
Personaggi visti, oggettivamente, come simboli.
E a loro non può non competere la responsabilità, per questo, di essere simboli positivi: di riscatto sociale e di capacità personale premiata attraverso i successi sportivi, la fama, il denaro.

Se sporcano la loro immagine con frequentazioni dubbie e censurabili, se aderiscono acriticamente alle richieste che arrivano dai loro agenti e accettano i tour nelle Vele di Scampia, inquinano il simbolo e il valore sociale proprio e dello sport.

Cronaca dal convegno all’Università degli Studi del Molise: “Il contrasto alla criminalità economica, nel quadro delle politiche per la Legalità”. Michele Pappone, dalla Facoltà di Giurisprudenza. Campobasso, 7 aprile 2011.

Campobasso, Facoltà di Giurisprudenza – “Il contrasto alla criminalità economica  nel quadro delle politiche per la legalità”“, è il titolo del Seminario di Studi che si è tenuto oggi 7 Aprile, ore 16:00, nell’Aula Vincenzo Cuoco  dell’Università degli Studi del Molise, al quale hanno collaborato, oltre alle istituzioni accademiche, anche il Comando Regionale della Guardia di Finanza, l’Ordine degli Avvocati di Campobasso e l’Associazione Forense Campobassana.
Al Seminario oltre al Rettore Giovanni Cannata, hanno contributo autorevoli personaggi del mondo accademico, ed i vari operatori del settore, come: Gianmaria Palmieri , Preside della facoltà di giurisprudenza ;Onorato Bucci , Direttore del Dipartimento di Scienze giuridiche ;Giuseppe Reale, Stefano Fiore, Agostino De Caro, Giovanni Di Giandomenico,  Università degli Studi del Molise, Fernando Verdolotti, Comandante Regionale della Guardia di Finanza, avv. Demetrio Rivellino, presidente Ordine degli Avvocati di Campobasso, e il dott. Raffaele Cantone, giudice presso il massimario della Corte di Cassazione.


 Il convegno, che ha visto la notevole presenza non solo degli addetti ai lavori ma altresì degli studenti dell’ateneo Molisano, ha illustrato lo stato attuale dell’impianto normativo volto al contrasto del fenomeno della criminalità economica ed ha prospettato le vie possibili da adottare per far fronte alle lacune esistenti nel nostro ordinamento giuridico.
“Oggi il rapporto società e criminalità organizzata, quale la mafia – ha spiegato il giudice Cantone – viene costruito in termini di consenso, e l’economia è uno degli elementi che favoriscono tale rapporto consensuale. E’ importante – ha aggiunto nel suo intervento – capire che spesso le misure repressive non sempre si mostrano soddisfacenti. La via maestra sarebbe quella di intervenire in via preventiva, e magari revisionare anche lo statuto dell’imprenditore, al fine di dissolvere meglio il binomio impresa-mafia, che ormai sempre più prende piede nella nostra realtà”.

Ringraziamo l’autore di questa precisa cronaca, direttamente dal convegno:
Michele Pappone (Rappresentante degli studenti all’interno del Consiglio di Facoltà di Giurisprudenza).

18 gennaio 2010: Raffaele Cantone ad Aosta, per il progetto educativo “Percorso della Legalità”, destinato agli studenti valdostani.

Vengo da una realtà dove la camorra si respira come l’aria, non si può fare a meno di percepire la sua presenza costante. Dopo la laurea volevo fare l’avvocato penalista, ma troppo spesso, da praticante, mi accorgevo di fare il tifo per il pubblico ministero. Allora entrai in magistratura, e lì trovai veramente la mia dimensione, uno spazio stimolante dove dare sfogo alla mia curiosità intellettuale”. Ponendosi le giuste domande, e cercando le risposte ovunque le sue indagini lo portassero, Raffaele Cantone è diventato uno dei più temibili avversari della camorra.

Le varie forme di criminalità organizzata, come la mafia, la camorra e la ‘ndrangheta, si differenziano sotto molti aspetti, ma hanno un elemento comune: la capacità di creare consenso. Sono tanto potenti perché creano un legame con il territorio e con le persone che ci vivono, danno lavoro, garantiscono un certo tipo di servizi. Io – ha specificato – mi sono occupato in realtà solo della camorra, un sistema che prospera nel forte legame con le aziende, che vi si affidano completamente. Le imprese non hanno più bisogno di banche che imprestino soldi, di sindacati con cui venire a patti per la manovalanza, né di tribunali per recuperare i crediti, pensa a tutto la camorra. Quasi tutti i latitanti ritrovati in questi anni erano nascosti a casa di insospettabili professionisti e imprenditori (…)”

Emerge uno spaccato complesso della malavita campana, e delle sue ramificazioni, rintracciabili nei colossali investimenti effettuati nelle ricche regioni del Nord.

Cantone, sotto scorta dal 2003, ha affermato di  non riuscire quasi a ricordare come poteva essere vivere senza essere circondati da agenti. “E’ l’ultima cosa di cui mi lamento, sono grato della tutela offerta a me e alla mia famiglia.
Se tornassi indietro rifarei tutto, perché considero un privilegio il fatto di avere potuto attraversare dei momenti tanto difficili, ma anche tanto entusiasmanti”.

(Raffaele Cantone, intervistato da Elena Tartaglione per “Aostasera”, 19.01.10).

Il Dott. Cantone, ha poi dichiarato, intervistato insieme al Presidente della regione Valle d’Aosta, Augusto Rollandin:
“La criminalità organizzata ormai non conosce confini sopratutto nelle attività di reinvestimento; essa cerca “mercati” nei quali il denaro possa fruttare e il denaro non può fruttare o non frutta tanto al sud.. frutta molto di più al centro e al nord, perchè è sopratutto al centro-nord che si fanno gli investimenti maggiori!”

C’è bisogno di un intervento complesso, che sicuramente parte e passa per la repressione del fenomeno – ci mancherebbe altro! –  questo è indispensabile, ma che intervenga su questi meccanismi, quindi: sul legame con l’impresa; sul legame sulle Istituzioni e il mondo della politica, e richiede anche un intervento educativo, perchè certi meccanismi, certi modi anche di vivere, vanno modificati anche cambiando i codici educativi“.

PER ASCOLTARE L’INTERVISTA:
http://www.youtube.com/watch?v=Tv1z7DL5IN0