Non è ancora chiaro il movente né lo svolgimento della rissa in cui ha perso la vita un ragazzo di 14 anni.
Le prime notizie indicano il deceduto ed i feriti come imparentati ed esponenti di primo piano del clan dei casalesi, sodalizio da sempre egemone nella zona; il padre del feritore sarebbe anche lui gravato da precedenti minori e, particolare interessante, il ragazzo sarebbe giunto sul luogo, malgrado sprovvisto di patente, a bordo di un’auto. Ieri, il Procuratore aggiunto, coordinatore della DDA di Napoli, Cafiero de Raho, uno dei maggiori conoscitori della realtà criminale, di recente promosso con pienissimo merito a capo di una delle Procure più importanti d’Italia, Reggio Calabria, nel corso di un intervento ad un convegno ha affermato che a Napoli e Caserta i clan camorristici sono in rotta.
E che in molte zone è persino possibile considerarli sconfitti. Cosa c’entrano un fatto gravissimo di cronaca nera e una dichiarazione di speranza di uno stimatissimo magistrato? In apparenza niente, ma il collegamento esiste, eccome.
Partiamo dalla dichiarazione di Cafiero; la sua analisi è, come al solito, lucida e pienamente condivisibile; negli ultimi anni sono stati sferrati alla criminalità camorristica colpi durissimi; molti clan (non tutti, in verità) hanno subito arresti dei capi ed affiliati e sequestri milionari di beni.
Tutti i latitanti più importanti sono stati assicurati alla giustizia e la loro prospettiva di recuperare la libertà è pari sostanzialmente a zero; resteranno detenuti per sempre o per tantissimo tempo. Molti clan, quali i ritenuti invincibili casalesi ad esempio, sono stati quasi rasi al suolo; arrestati tutti i componenti dell’ala militare, fino alle ultime fila. Sconfitti? Certamente sì!
Ma se cercassimo di riproporre la domanda in altro modo, la risposta sembrerebbe contraddittoria; lo Stato ha vinto? Io risponderei, con amarezza: no!
E qui ritorniamo all’episodio di cronaca nera; l’eliminazione degli affiliati e dei gregari non ha comportato il recupero degli spazi lasciati vuoti a favore da parte delle Istituzioni. Se qualcuno ne vuole la riprova, chiedesse agli abitanti di molte zone “liberate” se sentono essere venuto meno il gioco criminale e la risposta sarebbe, nel novanta per cento dei casi, “no”!
I vuoti di potere criminale sono stati occupati da giovanissimi, molto violenti e spregiudicati, spesso assuntori di cocaina, che scimmiottano i codici d’onore dei loro predecessori, di cui vantano parentele vere o presunte e che vogliono imporre il loro potere con la forza; vantano un unico carisma: la violenza bruta ed incontrollabile.
Mi guarderei bene dall’ascrivere l’episodio di Aversa a dinamiche “neocamorristiche”; saranno le indagini che stabiliranno l’accaduto ed i ragazzi coinvolti, per la loro giovane età, meritano soltanto vicinanza ed eventualmente compassione.
Ma essi, come i giovanissimi di Scampia che si allenano per comandare le ricchissime piazze di spaccio, hanno ereditato un brodo di coltura nel quale certe mentalità e certe logiche paramafiose possono attecchire facilmente.
La repressione ha fatto benissimo la sua parte; i magistrati e gli uomini delle forze dell’ordine hanno ottenuto risultati che non è esagerato definire eccezionali, ma cosa hanno le altre istituzioni per evitare che sui terreni rinascessero le male piante?
Pochissimo, per non dire niente; le agenzie educative di ogni tipo che avrebbero dovuto operare sui territori difficili ed avrebbero dovuto gettare i semi della rinascita dove sono e se ci sono cosa hanno fatto? Sul pano della prevenzione, tranne l’impegno di qualche associazione di volontariato operante con enormi difficoltà e senza aiuto, c’è pochissimo da segnalare.
Eppure da anni i tanti conoscitori del territorio avvertivano, inascoltate cassandre, che il semplice intervento sul piano penale e criminale non sarebbe bastato.
Episodi come quelli di Aversa non possono e non devono essere archiviati come i “soliti” incidenti della movida violenta; sono probabilmente tutt’altro; un campanello d’allarme che, si spera, non resterà ancora una volta inascoltato.