di Dario Del Porto – Repubblica, edizione nazionale di mercoledì 2 gennaio 2013
NAPOLI – “La lotta alla mafia non dovrebbe mai trasformarsi nella battaglia tra i polli di Renzo. Le divisioni, in questo campo, possono fare più male degli stessi mafiosi”.
Il Pd lo voleva in Parlamento, ma il giudice che ha sfidato Gomorra non andrà a Montecitorio.
“C’è chi scende in politica e chi ci sale, io ci sto fermo. Preferisco continuare a fare il magistrato”, dice Raffaele Cantone, oggi in Cassazione, da anni sotto scorta per le sue indagini contro il clan dei Casalesi. La sua, spiega, “è una scelta frutto di una riflessione profonda, che non vuol essere una critica nei confronti di chi ha maturato decisioni diverse, sulla quale hanno forse influito anche le polemiche degli ultimi giorni”.
Si riferisce allo scontro tra Ingroia e Grasso?
“Sì. Non mi sembra il viatico migliore per una legislatura che dovrà mettere al centro la lotta alla mafia. Ho rapporti di amicizia con Antonio Ingroia, ma non trovo giustificate le sue parole nei confronti di Piero Grasso”.
Perchè?
“Innanzitutto, non è vero che sia stato nominato procuratore nazionale antimafia da Berlusconi. E’ un fatto che a Giancarlo Caselli sia stata sbarrata la strada da un emendamento vergognoso, approvato dal Parlamento, proposto dall’allora senatore di An Luigi Bobbio e poi dichiarato incostituzionale. Ma la nomina di Grasso è stata votata all’unanimità dal Csm, e non esiste la prova che, con Caselli in corsa, le cose sarebbero andate diversamente”.
E sul “premio” a Berlusconi?
“Ho ascoltato l’intervista di Grasso alla “Zanzara”, il ragionamento era diverso e sottolineava come il governo di centro destra avesse approvato norme particolarmente positive, ad esempio in materia di misure di prevenzione. Sono d’accordo anche io. Poi, Berlusconi ha tenuto su questo fronte anche tanti altri comportamenti censurabili. Ma se vogliamo, è anche questa un’anomalia tutta italiana”.
Che pensa dei magistrati in politica?
“Sono servitori dello Stato che continuano a servire lo Stato. L’Italia è proprio uno strano Paese, che non si è scandalizzato quando in Parlamento sono andati pornostar, condannati per mafia, esponenti di logge deviate dei servizi, e trova da ridire se si candida un giudice o un pm”.
E allora, per quali ragioni ha rinunciato?
“Sarebbe stata un’avventura stimolante, non lo nego. Ma ci ho riflettuto a lungo, e ho capito che la mia strada è quella di fare il magistrato. Per almeno un altro anno resterò in Cassazione, poi vorrei tornare ad occuparmi di quello che so fare meglio, possibilmente in una Procura. Intanto, a titolo gratuito, inizierò una nuova esperienza come docente all’Università Suor Orsola”.
Non teme che, in Parlamento, si parlerà di mafia e non abbastanza di camorra?
“Non mi permetto di dare consigli. Ma dai nomi che leggo, trovo che la possibile candidatura della giornalista Rosaria Capacchione rappresenterebbe un segnale importante in questa direzione. Sarei felice se come successore di Grasso alla Dna venisse nominato l’attuale procuratore di Salerno, Franco Roberti”.
Ne ha parlato con Roberto Saviano, di questa sua decisione?
“Ne abbiamo discusso, sì. Ha condiviso la mia scelta”.